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Ogni grande sportivo ha una grande storia alle spalle. Nel caso di LeBron Raymone James è una storia fatta di difficoltà e sofferenze, che hanno plasmato la persona prima ancora che l'atleta. È il 19 giugno del 2016, mancano circa due minuti alla sirena di gara delle Finals NBA. Andre Iguodala scappa in contropiede, ci sono 28 metri da percorrere. È lì che James si vede passare davanti tutto, non solo i record, le imprese e i trofei individuali. LeBron parte, e nei pochi istanti che gli servono per bruciare il parquet della Oracle rivede una vita intera: la sua Hickory Street, i "projects" di Elizabeth Park, le dieci case in cinque anni cambiate insieme a mamma Gloria. Lungo quel percorso non aveva mai potuto conoscere suo padre, ma aveva incontrato Eddie Jackson, Bruce Kelker, Frank Walker, Dru Joyce, i Fab 4 e Keith Dambrot, aveva incrociato la sconfitta e la delusione e aveva commesso tanti errori, ma era riuscito finalmente a far comparire la sua Akron sulla cartina geografica dei libri di scuola, dove da piccolo non riusciva a trovarla. Con quei 28 metri LeBron arriva alla meta che tutti avevano predetto per lui sin da quando aveva quattordici anni, mantenendo la promessa di far vincere il suo Ohio e terminando la sua scalata alla vetta più alta. E per capire quanto faticosa sia stata, non potete che ripercorrere il suo viaggio, e vedere con i vostri occhi che LeBron, il "prescelto", ce l'ha fatta. E tutti noi ne siamo testimoni.